giovedì 20 marzo 2014

OldStyle88

Riguardando a degli aneddoti del passato a cui ho assistito si trovano le risposte a quei tifosi, che a prescindere dai colori sostenuti, hanno preso la moda di scrivere lettere patetiche e ridicole a giornali o siti. Lettere che descrivono le loro disavventure, utilizzando come automi le solite considerazioni sui tifosi avversari: incivili, mele marce, delinquenti, etc etc. Non ultima è la l'esternazione di un tale “Matteo” che ho letto ieri, domenica 16/3 su un sito.

Ricordo infatti una mia collega (stra-juventina) ultraquarentenne che nel 2003 il giorno della finale contro il Milan inscenò un battibecco decisamente acceso sul posto di lavoro con un cliente milanista con qualche anno in più di lei. Dovettero intervenire altri colleghi nella discussione per stemperare gli animi. Ancora ho in mente il viso rosso fuoco della signora che si intonava perfettamente con il suo tailleur nero.

In quegli anni smettevo definitivamente di vedere le partite dell’Inter al bar. Troppi pericoli. Senza divisori si stava seduti vicini a personaggi alticci e senza peli sulla lingua. L’ultimo match a cui avevo assistito erano i primi 10 minuti di Juve-Inter (saltata causa influenza, una delle poche non viste allo stadio) e era impossibile resistere sebbene di fianco ci fossero nonni che al mattino trovavi al parco con i loro nipotini. 



Era questa la conferma di quanto ho assistito nell’estate del 1998, a Sarre, sede del ritiro estivo dell’Inter. Dopo la stagione della Uefa di Parigi e del  contemporaneo furto in campionato la partecipazione era alle stelle. Quindi gli allenamenti estivi venivano seguiti con grande partecipazione e presenza. 

Io quel giorno vidi qualcosa di inconcepibile. Una famiglia abbastanza giovane composta da mamma/papà/bambino (che avrà avuto sei anni) arrivò in tutta calma e serenità. Solo che il bambino indossava una maglietta di Del Piero.

Non erano stranieri, erano italianissimi, assolutamente capaci di intendere e di volere (giuridicamente, perché in effetti qualche dubbio sulle effettive capacità intellettive ce l’ho ancora oggi) che dopo cinque minuti furono costretti ad andarsene.

Questi tre aneddoti fanno pensare e le lettere di tifosi come quella sopracitata mi fa davvero ridere. Ora, le mie opinioni le sapete tutti e non vi sto ad annoiare ripetendo le solite cose. Vorrei però fare delle domande:

1- A chi si lamenta che in curva o nel settore ospiti trova il posto settore x fila y seggiolino z: ma se vedete la partita nel posto a fianco a quello segnato, vi crea scompensi psicologici così gravi da non poter dormire la notte??

2- A chi si lamenta che in curva si canta, o almeno si dovrebbe: in uno stadio esistono molti settori, per quale motivo si sceglie un posto in un settore già sapendo che non piace? E se siete nell’apposito settore ospiti in trasferta dovete assolutamente stracciare gli zebedei scrivendo anche al papa perché ci sono persone che vi invitano a tifare?

3- Hai la maglia dell’Inter, prendi un biglietto per la tribuna della squadra di casa, non ti può balenare per un secondo l’idea che forse sarebbe meglio andare senza colori sociali visto che il settore ospiti non ti piace? O pensi che ti tirino fiori al tuo arrivo? Specialmente se la squadra si identifica con la città e provincia non avendo sostenitori al di fuori?

4- Si parla di inciviltà e di mele marce che non accolgono lanciando petali di rose ai tifosi ospiti e quindi automaticamente sono dei delinquenti. Però se in un bar o in un ufficio pubblico si assiste a scene anche peggiori, come si pretende che in uno stadio non si verifichino?

I media cavalcano alla grande queste notizie attribuendo i soliti epiteti ai soliti tifosi scellerati, ma è davvero così strano pensare per una volta nella settimana di ragionare in modo meno semplicistico e più passionale?

martedì 18 marzo 2014

A tutti i papà nerazzurri

Dico la verità: la festa del papà era era la classica ricorrenza scontata, non dico fastidiosa. Però lo ammetto, in famiglia la metabolizzavamo come retorica pura. Mi vengono in mente i funambolismi di mia sorella sulla possibile sequenza cromatica delle cravatte da riservargli di volta in volta in dono: a righe orizzontali, a righe verticali, oblique, a pois, reggimental, fantasia e chi più ne ha più ne metta.

Mentre io in ordine sparso omaggiavo il mio genitore maschio di tutti i gadget dell’Inter possibili e immaginabili: la maglia, la sciarpa, la cuffia, il giubbotto, la tuta, il gagliardetto, l’accentino, le ciabatte, la tazza, l’orologio, il pigiama, l'asciugamano da spiaggia (e notare bene, non andava mai al mare).

Fatto sta che oggi nessuno regalerà niente a nessuno. Perché il mio papà non c’è più e francamente è strano e innaturale. Confesso non ci ero abituata e confesso sotto sotto non so nemmeno io se ho accettato fino in fondo quelllo che gli è capitato.  

 per la prima volta nella vita, avverto questa data con commozione e con dolore, come non mai,. E lo so per esempio, che gli avrebbe fatto specie la gente che di domenica affolla i centri commerciali. La gente che cammina sotto i neon delle luci artificiali. Come se non ci fosse niente di meglio al mondo. 

Quando fuori di lì il tempo è magnifico. Perché era nato libero per fare musica e stare all’aperto, in montagna, in piazza o allo stadio. E dubito avrebbe compreso il processo attuale di involuzione a livello di senso estetico.

Quello dominato dalla logica degli spazi chiusi e della socializzazione artefatta. Quello di autoconfinarsi tra acciaio e cemento. Dove sei costretto a definirti per quello che compri e non per quello che sei. Dove il cristallo delle vetrine è identico allo sguardo uniforme e acritico di chi le osserva. 

Con le famiglie si trascinano dietro anche i bambini in un luogo desolante e denso di negozi tutti ugualmente assimilabili e in quanto tali inquietanti. Bambini a cui peraltro rifilano di solito un cono gelato, più plastificato dei sacchetti della spesa.

Invece no, io ho presente ancora ora le passeggiate interminabili da Bormio a passo dello Stelvio, tutte a piedi sotto il sole dai raggi lancinanti, con un cielo azzurro pieno come può esserlo pieno di canditi il panettone a Natale. E ricordo quella sera a Monaco di Baviera, la cavalcata di Berti e il suo gol fantastico. 




E ho nostalgia di quando mi ha telefonato al Bernabeu di Madrid il 22 Maggio 2010 in presa diretta: “Hai visto? Ce l’hai fatta anche tu, a vedere l’Inter vincere la Coppa Campioni”. Peraltro lui era vecchio stile e quindi il massimo trofeo continentale era quello lì. Non certo la Champions del calcio moderno dei diritti televisivi e dei tifosi strumentalizzati come i gioppini dei teatrini di periferia.

Allora oggi ci penso, eccome se ci penso. E’ la festa di tutti i papà che come lui hanno fatto una vita intera al seguito di  una fede. E' la sua ricorrenza. Lo ammetto: mi manca tanto. Rimpiango i momenti in cui facevamo le formazioni e parlavamo della prossima partita e della prossima trasferta. 

Adesso mi piace pensarlo con la sua sciarpa al collo, quella indossata a Vienna, chissà dove con una faccia serena e soddisfatta. Mi piace pensarlo in un luogo indefinito dove comunque in qualche modo mi osserva e mi tutela dalle brutture con cui mi mi scontro e confronto a volte.

Si lo voglio visualizzare così, con i colori neroblu, con il nostro destino segnato da una squadra. In modo che tutto in questo mondo sia meno pesante e più accettabile. 

Sono convinta che quello che provo io, sia lo stesso per tutti quelli che come me, hanno o avevano un padre interista. Allora auguri a tutti loro. E da parte mia, ti voglio bene papà e Forza Inter. 

martedì 11 marzo 2014

Tradizione e suggestione


Quello che ti appartiene, ti resta dentro. Così una bella coreo stile anni '80 viene esposta domenica pomeriggio in occasione del compleanno di tutti gli interisti, cioè il 9 marzo. Lo spettacolo è uguale nei colori e nelle sensazioni a quello delle notti di Coppa. Quando a San Siro non c'era la copertura. Non esisteva nemmeno l'orrendo terzo anello e il manto erboso del campo era perfetto. 

Ricordo entravamo parecchio tempo prima della partita. Eppure l'attesa scorreva velocissima fino al fischio di inizio. Si accedeva all'interno dello stadio anche attraverso espedienti che adesso verrebbero giudicati poco ortodossi, ma che all'epoca destavano ammirazione e meraviglia. 




C'era chi correva dietro all'autoambulanza non appena si spalancava il cancellone per farla passare. Chi scavalcava la cinta in metallo in gruppo tenendosi per mano. Chi si arrampicava sulle rampe. Chi scavalcava di notte e si imboscava nei posti più impensabili. 

E siccome i soldi il più delle volte scarseggiavano si faceva la colletta tra amici per comprare anche solo una bottiglietta di acqua. Si divideva tutto tra di noi: birra, panini, sigaretta. E spesso ci facevano comodo anche le sporte di plastica da sistemarci ai piedi. Perché in caso di pioggia battente, non era il caso di stare ore e ore con i piedi zuppi.




Ora i tempi sono cambiati e non sono peggiori o migliori. Ma sono semplicemente differenti. E' l'epoca dei social, della play e della pay-tv. Dove il reale e il virtuale del tifo a volte si sovrappone, a volte si confonde. 

Però una cosa per fortuna è rimasta inalterata a dispetto del passaggio delle generazioni. E' l'entusiasmo di chi ogni volta sale i gradini interminabili per accedere al secondo verde. Alla fine la gioia nel lanciare un rotolo di carta igenica, o i ritagli di giornale è sempre la stessa. Si continua a fare casino con poco, a divertirsi e suppportare i colori in maniera semplice e spontanea.

E' stato un momento davvero toccante per me. Il simbolo di tutti quelli che sono stati e di tutti quelli che ora vanno in curva. Gli anni si susseguono, comunque la nostra indole romantica rimane integra. Del resto bisogna pur avere una passione nella vita e per questo andiamo avanti. 


p.s. Tosel evapora come preferisci: mettiti un sasso al collo, buttati da una rupe oppure gioca alla roulette russa... però vedi di sparire perché ci hai scartavetrato i maroni in maniera definitiva.




giovedì 6 marzo 2014

OldStyle88

Una foto del genere non avrebbe bisogno di molte spiegazioni, ma comunque delle considerazioni vanno fatte. Si tratta del campionato della Repubblica Ceca. La squadra è quella dei Bohemians 1905. Vedendo il canguro come simbolo, per un attimo avevo pensato fossimo in Australia e magari lo sport in questione non era il football ma il rugby.

Invece è calcio e l'immagine parla da sola. Un signore non vedente in compagnia del suo cane "assiste" alla partita della sua squadra. Ovviamente per modo di dire. Sentirà le urla, le grida, percepirà l'atmosfera, e visualizzerà l'azione a modo suo. 

Non conosco il suo nome. Non ho idea se questo suo handicap è un qualcosa di congenito o di più recente. Non so nemmeno il contorno e i "retroscena" di questo scatto.

Sicuramente mi piace pensare e intuire che la sua sia una storia fuori dal comune. Lui, tifoso dei suoi Bohemians, partecipa alle partite per sostenere la squadra anche se non la può vedere. O meglio, come dicevo prima, la osserverà a modo suo, con la forza della percezione che gli offrono gli altri sensi, compreso quello dell'immaginazione. 



E' la rappresentazione di una passione che oltrepassa anche ostacoli all'apparenza insormontabili, come quello di non poter osservare con i propri occhi i propri beniamini. Però il suo tifo vocale è importante tanto quanto quello degli altri tifosi. Non gli frega nulla del sedile in pelle o dei confort che uno stadio moderno può offrire. Gli basta forse una birra per dissetarsi tra un grido e l'altro, gli basta esserci.

Le maglie verdi (che spero abbia potuto ammirare in passato nel vero senso della parola) sono la fede e in quanto tali vanno sostenute, a prescindere dalla qualità del gioco offerto e dai risultati ottenuti. Non è importante niente altro a conferma che gli investimenti plurimilionari possono tranquillamente essere evitati. Mentre sarebbe meglio concentrare più sforzi riguardanti la passione della gente e sul divertimento spartano, senza troppi fronzoli.

Barbara Berlusconi, a una recente serata per la fondazione milan, aveva ripreso la storia che la magia del calcio si realizza ogni volta che un bambino prende a calci per strada una palla anche fatta di stracci. Bene, si realizza anche ogni volta che una persona considera questo sport e la sua squadra parte integrante della sua vita. 

Mentre Lega Calcio, Uefa, sceicchi arabi, mercanti, procuratori, sponsor, giocatori più improntati al divismo che alla lotta, repressione.... stanno provando a distruggere il concetto di sport. Ma non ci riusciranno mai, perché la vera passione della gente continuerà a mantenere integra la dimensione più genuina del calcio, quella del gioco. 

mercoledì 5 marzo 2014

La Voce (ringalluzzita) del Tifoso

Nemanja Vidic all'Inter ecco come lo valutano i tifosi:

Stefano Fabrizio: Miglior difensore della storia del Man Red. Inserito nella Top11 all time dei Red Devils. E' l'attuale capitano della squadra e uno dei calciatori più popolari in estremo oriente. Per il livello attuale campionato italiano è oro colato, o qualcuno pensa che sia peggio di Silvestre, Andreolli o Ranocchia?

Lyon: E' un difensore Top, come non se ne vedevano da anni. Spero solo sia integro fisicamente, se sarà così, in difesa abbiamo acquisito una Roccia! Uno rude!!! Con le palle!!! Come The Wall.

Gianluca G.: Ottimo leader e con attributi notevole, anche se sembra avviato verso il capolinea. Comunque credo che uno o due anni a alto livello in questa mediocre serie A possa farli tranquillamente. A patto che stia in piedi. Rolando-Vidic non mi sembra male come coppia di centrali titolai (poi se ne arriva un altro di alto livello, meglio ancora).

Salvatore: Vidic è un grande acquisto che darà il suo contributo sia in termini tecnici che di merchandising.

Gianluca B.: Io penso che abbia il triplo delle palle dei vari Zanetti, Cambiasso etc etc. E' il capitano dei Red Devils e senza di lui con l'Olympiakos di gol ne prendevano quattro. Il fatto che abbia scelto noi è il segno che ci siamo finalmente staccati dalla gestione Moratti.


poi dopo i tifosi, visto che siamo di buon umore, regaliamo i famigerati secondi di notorietà a quei pagliacci patentati di Eurosport Italia , alias i figli della merda...  a buon intenditor poche parole: