Riguardando a degli aneddoti del passato a cui ho assistito si trovano le risposte a quei tifosi, che a prescindere dai colori sostenuti, hanno preso la moda di scrivere lettere patetiche e ridicole a giornali o siti. Lettere che descrivono le loro disavventure, utilizzando come automi le solite considerazioni sui tifosi avversari: incivili, mele marce, delinquenti, etc etc. Non ultima è la l'esternazione di un tale “Matteo” che ho letto ieri, domenica 16/3 su un sito.
Ricordo infatti una mia collega (stra-juventina) ultraquarentenne che nel 2003 il giorno della finale contro il Milan inscenò un battibecco decisamente acceso sul posto di lavoro con un cliente milanista con qualche anno in più di lei. Dovettero intervenire altri colleghi nella discussione per stemperare gli animi. Ancora ho in mente il viso rosso fuoco della signora che si intonava perfettamente con il suo tailleur nero.
In quegli anni smettevo definitivamente di vedere le partite dell’Inter al bar. Troppi pericoli. Senza divisori si stava seduti vicini a personaggi alticci e senza peli sulla lingua. L’ultimo match a cui avevo assistito erano i primi 10 minuti di Juve-Inter (saltata causa influenza, una delle poche non viste allo stadio) e era impossibile resistere sebbene di fianco ci fossero nonni che al mattino trovavi al parco con i loro nipotini.
Era questa la conferma di quanto ho assistito nell’estate del 1998, a Sarre, sede del ritiro estivo dell’Inter. Dopo la stagione della Uefa di Parigi e del contemporaneo furto in campionato la partecipazione era alle stelle. Quindi gli allenamenti estivi venivano seguiti con grande partecipazione e presenza.
Io quel giorno vidi qualcosa di inconcepibile. Una famiglia abbastanza giovane composta da mamma/papà/bambino (che avrà avuto sei anni) arrivò in tutta calma e serenità. Solo che il bambino indossava una maglietta di Del Piero.
Non erano stranieri, erano italianissimi, assolutamente capaci di intendere e di volere (giuridicamente, perché in effetti qualche dubbio sulle effettive capacità intellettive ce l’ho ancora oggi) che dopo cinque minuti furono costretti ad andarsene.
Questi tre aneddoti fanno pensare e le lettere di tifosi come quella sopracitata mi fa davvero ridere. Ora, le mie opinioni le sapete tutti e non vi sto ad annoiare ripetendo le solite cose. Vorrei però fare delle domande:
1- A chi si lamenta che in curva o nel settore ospiti trova il posto settore x fila y seggiolino z: ma se vedete la partita nel posto a fianco a quello segnato, vi crea scompensi psicologici così gravi da non poter dormire la notte??
2- A chi si lamenta che in curva si canta, o almeno si dovrebbe: in uno stadio esistono molti settori, per quale motivo si sceglie un posto in un settore già sapendo che non piace? E se siete nell’apposito settore ospiti in trasferta dovete assolutamente stracciare gli zebedei scrivendo anche al papa perché ci sono persone che vi invitano a tifare?
3- Hai la maglia dell’Inter, prendi un biglietto per la tribuna della squadra di casa, non ti può balenare per un secondo l’idea che forse sarebbe meglio andare senza colori sociali visto che il settore ospiti non ti piace? O pensi che ti tirino fiori al tuo arrivo? Specialmente se la squadra si identifica con la città e provincia non avendo sostenitori al di fuori?
4- Si parla di inciviltà e di mele marce che non accolgono lanciando petali di rose ai tifosi ospiti e quindi automaticamente sono dei delinquenti. Però se in un bar o in un ufficio pubblico si assiste a scene anche peggiori, come si pretende che in uno stadio non si verifichino?
I media cavalcano alla grande queste notizie attribuendo i soliti epiteti ai soliti tifosi scellerati, ma è davvero così strano pensare per una volta nella settimana di ragionare in modo meno semplicistico e più passionale?