Qualche mese fa, avevo riportato degli appunti di viaggio, in cui raccontavo esperienze realmente
vissute da me nel corso degli anni. Fortuna che sono solo una parte, fortuna
che ce ne sono state molte altre che mi porto dentro, belle e brutte. Ma si sa,
anche quelle brutte fanno parte delle regole del gioco.
Quando parlavo di Chelsea ad esempio, non avrei mai potuto fare quell'incontro se avessi desistito dal prendere l'aereo quel giorno, nel primo pomeriggio, perché in realtà sono rimasto addormentato e quello che effettivamente avrei dovuto prendere, l'avevo stra-perso. Capita, comunque ci sono andato lo stesso, prenotando il primo volo utile per non perdere la partita.
Quando parlavo di Norimberga ho menzionato un amico, grande compagno di avventure e tifoso nerazzurro d.o.c., che a dispetto della giovane età (35 anni), è abbonato a San Siro dal '92, e sebbene il suo settore non sia mai coinciso con il mio, frequenta lo stadio dagli anni del dopo Orrico.
Quando parlavo di Chelsea ad esempio, non avrei mai potuto fare quell'incontro se avessi desistito dal prendere l'aereo quel giorno, nel primo pomeriggio, perché in realtà sono rimasto addormentato e quello che effettivamente avrei dovuto prendere, l'avevo stra-perso. Capita, comunque ci sono andato lo stesso, prenotando il primo volo utile per non perdere la partita.
Quando parlavo di Norimberga ho menzionato un amico, grande compagno di avventure e tifoso nerazzurro d.o.c., che a dispetto della giovane età (35 anni), è abbonato a San Siro dal '92, e sebbene il suo settore non sia mai coinciso con il mio, frequenta lo stadio dagli anni del dopo Orrico.
Poi dieci
anni fa si è trasferito in Germania, affermandosi nel suo lavoro grazie alla perseveranza nello sfruttare sue qualità, ma non ha smesso di venire allo stadio, anche
se con una frequenza inferiore a un tempo. Anche se ci siamo complicati spesso la vita.
Una squadra
di calcio, un'attività, una persona. “gioca” le sue partite come meglio crede,
valorizzando con la tattica i propri punti di forza. Proprio per questo non c'è
un modo solo per arrivare a un risultato. Si sceglie la strada da seguire, con
coerenza, destinando le giuste risorse che non devono obbligatoriamente essere
illimitate, ma giuste.
Nonostante
le sue visite in Italia siano frequenti e quindi la distanza non ha interrotto
o logorato la nostra amicizia, ho voluto girare a lui una domanda che mi ero già posto in precedenza, lasciando poi alla sua voce autorevole, essendo lui “del posto”
e avendo toccato con mano la situazione organizzativa del calcio tedesco.
Come mai in
Italia succedono cose così grottesche come quelle capitate a me e al mio amico
sabato scorso, e in Germania il calcio segna in ogni stadio dei numeri da
capogiro?
Lascio a lui
la parola:
“A parte il
Bayern Monaco che è la squadra più ricca di Germania e che quindi è sempre
stata una pecora nera rispetto alle altre, dopo i mondiali di Italia ‘90 ci fu
un calo del gioco a livello qualitativo, e dei calciatori.
Volendo
aprire una parentesi riguardante il Bayern, la sua ricchezza e i suoi bilanci
perfetti non hanno mai indotto la società a fare follie continue a livello economico,
e il modello del club non è mai cambiato, nemmeno dopo le Coppe dei Campioni
perse negli ultimi anni.
Dalla
terribile notte della rimonta del Manchester United nei minuti di recupero,
alla sconfitta con l'Inter di Mourinho, alla bruciante partita con il Chelsea
in casa; tre finali perse contro le due vinte contro Valencia e Borussia
Dortmund, che non hanno minimamente cambiato la politica del club.
Chiusa
questa parentesi, la Germania campione del mondo in Italia poteva contare su
una nazionale stratosferica: i tre panzer nerazzurri, il gigante juventino
Kholer in difesa, i romanisti Hassler, Berthold e Voeller, il portierone
Ilgner, e altri giocatori che hanno costituito per molti anni un esempio di
qualità e affidabilità. Poi è stato deciso di investire in altro.
Mentre in
Italia si spendevano cifre da capogiro per far si che campioni a livello
mondiale venissero a giocare nel nostro paese, in Germania si è puntato sulle
infrastrutture e sulla qualità del rapporto con i tifosi. Poco importa se la
Germania poi è stata criticata o comunque oggetto di riflessioni negative negli
anni a seguire, sui risultati scarsi ottenuti in campo dai rispettivi club. Per
loro quello che conta è che la gente si diverta e sia contenta di ciò che va a
vedere.
Ovviamente
non parliamo solo di spettacolo durante i novanta minuti della partita, ma del
“sette giorni su sette” in cui l'acquisto dei prodotti del club sia
sostenibile, e il rapporto puramente commerciale circa la facilità e il
trattamento riservato in termini di marketing sia più importante quasi dei
risultati in campo.
Non ci
allontaniamo molto dall'esempio del panettiere che ha una clientela fissa che
premia con qualche sconto o con qualche nuovo prodotto da forno da assaggiare
in omaggio. Ovviamente viene privilegiato chi ti fa guadagnare e la pretesa di
avere un pubblico numeroso, stadi pieni, situazioni economiche ottimali, è
realizzabile con una cura importante dello stesso bacino d'utenza.
Poi certo, i
giocatori, il campo, il settore giovanile, sono tutti aspetti importanti resi
obbligati da una gestione oculata, sempre nell'ottica di fornire un calcio che
fosse bello per la gente e non universalmente.
Ricordiamoci
che la Germania aveva quasi fermato l'industria calcio perseguendo questo
progetto, non curante della perdita di un posto in Champions, e nemmeno dei
magri risultati che ricordiamo essere quasi nulli a parte il Bayern Monaco, una
finale di UEFA che ricordiamo bene noi interisti vinta dallo Schalke, e una
finale di Champions persa dal Bayern Leverkusen contro il Real Madrid.
I prezzi
bassi, la burocrazia assente per avere un biglietto, il rispetto della voglia
di vivere la partita in modo diverso con esigenze diverse, fanno si che il
divertimento sia assicurato all'esterno del campo e sia superiore alla partita
stessa.
L'accoppiata
con aziende tedesche tipo Schalke-Veltnis (una marca di birra),
Stoccarda-Mercedes Benz (automobili), Bayern Monaco- Allianz (prodotti
finanziari) ha fatto si che un miglioramento anche economico sia stato reso
possibile in patria, senza partner stranieri discutibili. Ma la priorità è
stata quella di accontentare la gente e lavorare per loro, per un risultato che
sia gradito al pubblico a livello generale e non circoscritto a una sconfitta o
a una vittoria”.
Conoscevo
buona parte del suo discorso, ma ho voluto chiederlo per dare a voi un quadro
di chi vive quella realtà e non una possibile invenzione di un italiano troppo
saccente. Io per esempio vivo queste cose come un tedesco, intendo che il campo
non influenza minimamente il fatto che so già che tra dieci anni sarò ancora al
mio posto, sia con una squadra di invincibili, sia invece con una di scarsi.
Lo faccio
perché la maglia va sempre seguita, perché un tifoso è tifoso sempre, perché un
legame è inscindibile con un qualcosa che comunque ha dato tanto in termini di
amicizie, di conoscenze, di crescita.
E poi
diciamoci la verità; anche se sono passati molti anni dalla mia prima partita
(da abbonato 1996, da tifoso occasionale 1991), mi diverte ancora l'atmosfera,
il Campari con gli amici, trovare gli altri ragazzi e stare tutti insieme.
Allora perché non possono aggiungersi altre compagnie di persone appassionate?
160 euro
sono un prezzo così esorbitante per 19 partite di campionato, da non poter
assolutamente permettersi di poterlo acquistare (e ovviamente non con tutto il
rispetto per chi davvero non può farlo)? Oppure questo “divertimento” viene
precluso da una qualità organizzativa scadente?
Ora che gli
orari delle partite sono dei più disparati (e mi permetto di dire anche che domenica
alle tre del pomeriggio era il top del romanticismo, ma spesso partite e
soprattutto trasferte a orari considerati “strani” hanno permesso la presenza
senza chiedere ferie e peripezie particolari) è davvero possibile per
moltissimi sottoscrivere un abbonamento che di fatto ti viene ripagato con
cinque partite viste, partiamo dal presupposto dei big match! Quindi la
distanza, con il miglioramento dei trasporti è un problema minore.
Voli, treni
a basso costo e super veloci (TreniItalia permettendo) consentono la presenza a più
gente. Se con l'Hajduk lo scorso anno, ad agosto, eravamo in 45.000, ho ragione
di pensare che uno stadio possa essere riempito spesso e volentieri
indipendentemente dall'aspetto calcistico, che comunque ha la sua importanza.
Sveglia
società Inter, se sei un bocconcino appetitoso per uomini di affari, è solo
perchè sei tu a permetterlo.